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Pose in movimento, Fotografia e Cinema Bruno Di Marino 4 - Ritratti del tempo (Cap. 3 "Pensare l'immagine" pag. 45) [...] Nel suo video La camera chiara (2003), esplicito omaggio a Barthes, l’artista Antonello Matarazzo ha lavorato sul ritratto fotografico utilizzando come materiale di base le foto dell’archivio Guido Dorso di Avellino. Lo scarto che Barthes ritiene ci sia tra cinema e fotografia, oggi, nell’era del digitale, tende ad assottigliarsi e a sfumare sempre di più. Il tempo del video e quello della fotografia finiscono col coincidere, grazie per esempio all’effetto digitale chiamato morphing, che plasma la materia elettronica come fosse una scultura, permettendo di trasformare un volto fotografico in un altro, in modo da suggerire una continuità anche somatica, a volte genealogica, antropologica dei volti: è quanto avviene nella parte finale del video interamente basata su primi piani che si susseguono in crescendo. In altre parti dell’opera, invece, l’artista sceglie di isolare alcune figure (in gran parte bambini) all’interno di ritratti fotografici (molti dei quali “di gruppo”), rielaborandoli cromaticamente o luministicamente, rendendo non solo ancora più ectoplasmatiche le figure, ma creando infinite combinazioni. Le figure vengono estrapolate dall’insieme e poi reinserite in un secondo tempo con un gioco compositivo di primi piani e sfondi. I soggetti ritratti sono così estrapolabili dal contesto, spesso sfumati, comparendo e scomparendo all’interno della cornice. Ed è qui che emerge senza dubbio la sua natura di pittore, non tanto perché si confronta con l’immagine fissa piuttosto che con quella in movimento, ma proprio per la sensibilità, per la possibilità di dare un senso narrativo solo attraverso la texture, la trasfigurazione verso l’astratto. Un altro video di Matarazzo, Warh (2003), estremizza ancor di più il discorso e il contrasto tra posa e movimento. Ai ritratti fotografici in primo piano trasformati dal morphing, vengono aggiunte come sfondo sequenze solarizzate di guerra: i bombardamenti notturni su Bagdad, mig che sfrecciano nel cielo, le drammatiche immagini dell’11 settembre (che occupano tutta la parte finale del video), scandite di tanto in tanto da un fiore di Warhol (da qui il gioco di parole del titolo) che funziona da contrappunto e rafforza l’idea di collisione tra immaginari che sembrano lontanissimi: l’esserci stato e l’essere, l’arte e la guerra; così il tema non è tanto la memoria del conflitto, quanto i conflitti (visivi, mentali, percettivi) generati dalla memoria, dalle immagini video-foto-pittoriche che entrano in un infinito cortocircuito (21). Matarazzo ha poi realizzato un’installazione dal titolo La posa infinita (2007), dove ripropone il ritratto fotografico di archivio, utilizzando il morphing non per ottenere delle macrotrasformazioni come nei video citati in precedenza, bensì per animare, in alcuni casi quasi impercettibilmente, alcuni elementi all’interno della foto: un bambino che muove i piedi, un uomo che ruota leggermente la testa, la smorfia di una donna ecc. La posa infinita mette ancora una volta in scena lo scarto tra mobilità e immobilità che emerge dall’interfaccia cinema/fotografia, sotto le sembianze di un antico portrait collettivo nel quale le figure immortalate riacquistano vita artificialmente mediante movimenti minimi e un suono ambientale che restituiscono all’immagine cristallizzata nel tempo la sensazione di uno svolgimento «in diretta». Con la stessa tecnica ha realizzato anche il video monocanale VeraZnunt (2008). [...] Bruno Di Marino (da Pose in Movimento, Fotografia e Cinema, Bollati Boringhieri, Torino 2009) 21. Sul lavoro di Matarazzo cfr. il mio saggio Il morphing dell’anima, nel catalogo della 42a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro 2006, pp. 180-82. << |