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Un oggetto complesso, plurimediale, in linea con una tendenza della nuova poesia e della nuova canzone tesa al recupero di un’oralità drammatica e di una visività acustica. L’effetto è quello di un concept album, di un flusso sonoro e verbale, di un teatro senza scena, avvolgente e meditativo. Enzo Mansueto – CORRIERE DEL MEZZOGIORNO Uno spettacolo work in progress, preghiera della protesta di un mondo smarrito, rabbioso e ironico, dove l’itinerario di un gruppo di disabili sulle loro carrozzelle guidati da Canio Loguercio e al seguito del regista Antonello Matarazzo (che vi gira il suo Miserere cantus, dedicato «a tutti coloro che non possono affermare con assoluta certezza l’esistenza di Dio»), si snoda come una novella «via lattea» di bunueliana memoria. Michele Fumagallo – IL MANIFESTO Protagonista il talkin verace di Canio, che rilegge “Voce ‘e notte” e “Era de maggio” tra Vinicio Capossela, Tom Waits e le basi midi che infestano la rete, salmodia in stile Battiato (Ferretti) del sud; difficile capire dove finisce la tradizione e dove comincia l’avanguardia, ancora più difficile non unirsi alla contagiosa litania che si illumina d’immenso quando è attraversata dalla voce di Maria Pia De Vito e dalla tromba di Paolo Fresu. Federico Vacalebre – IL MATTINO Affascinante progetto che si muove tra musica e performance. E' uno stratificarsi di sguardi e registri diversi quello che si compie nella parte letteraria, istanze e sospiri, negazioni e aperture. (...) Infine c'è il DVD, l'intenso poema digitale di Antonello Matarazzo, invalidi in sedia rotella all'Italsider come in un inferno dantesco (...) Le tre parti dell'opera sono incastrate in maniera armonica e il pacchetto ha un modo intelligente e diretto di proporsi. Christian Zingales – BLOW UP Performance musical-teatrale con notevoli contributi di giovani-poeti che si offre come opera aperta itinerante, come 'preghiera d'amore al netto d'indulgenze e per appuntamento'. Roberto Casalini – IL CORRIERE DELLA SERA ********************************************** "Miserere" è un'opera complessa e di difficile collocazione, a cavallo fra teatro, videoteatro, performance, poesia e canzone Strada facendo con Canio Loguercio Un prodotto simile a quello proposto da Canio Loguercio con Miserere – composto da libro, cd e dvd – è veramente difficile da trovare sul nostro mercato editoriale. Soprattutto è difficile trovare prodotti che scommettano sulle nuove tecnologie senza prima essere transitati per la televisione. Diciamo inoltre che non è tanto la produzione a ostacolarne la diffusione, visto che la qualità degli strumenti usati da noi non latita, quanto la difficoltà che esso incontra nell'essere accettato e fruito da librai e lettori. Probabilmente è lo sforzo in più, il salto dal "semplice" seguire il discorso sulla pagina stampata che ancora non si riesce a fare. A questo si deve aggiungere la difficoltà di collocazione sugli scaffali, che può acuire una certa diffidenza nei confronti di un simile oggetto culturale innovativo. Fatto sta che bisogna dire grazie a Squilibri, piccola sigla editoriale romana, per aver avuto il coraggio di pubblicare un'opera così interessante e complessa qual è Miserere, col suo porsi a cavallo fra teatro, videoteatro, performance, poesia e canzone. A ben vedere questo progetto artistico plurisettoriale si configura più come una vera opera che, nella sua modernità laica, riprende e aggiorna gli assunti classici di una viandanza religiosa in cui si chiede non tanto pietà, ma una possibile redenzione, un possibile redimersi da un male che s'è fatto corpo e forse anima. Non per nulla Miserere cantus, il video di Antonello Matarazzo di 8' (ricostruzione del film originale di 19' del 2004) inserito nel dvd, mette in scena la fila indiana di sette disabili nerovestiti – tutti su carrozzella meno uno, il cieco – in pellegrinaggio nell'area dismessa e in abbandono dell'Italsider di Bagnoli, sotto le cui strutture si percuotono in segno di una antitetica forma di preghiera. E nel libro e nel cd questo si ripete, poiché Loguercio costruisce il percorso drammaturgico prodotto dalle parole e dalle musiche come una carovana, o un pellegrinaggio, però verso un luogo non meglio precisato, come un anelito a liberarsi da un male che alligna nei nostri corpi e, contemporaneamente, ci sovrasta come ben stigmatizza in Il pentimento-Miserere, unico testo del poeta barese Enzo Mansueto, successivamente raccolto sotto altro titolo nella plaquette Ultracorpi edita dalle edizioni d'If. Inoltre il percorso di Miserere sembra aver seguito la prassi della raccolta in senso stretto, poiché i testi sono stati raccolti, appunto, nel suo andare, tappa dopo tappa, quasi fossero liberamente offerti da chi voleva partecipare alla carovana, alla sua pressoché autonoma costruzione. E in buona parte è così, dato che insieme alle voci di alcuni fra i migliori poeti proposti in questi anni dalla scena italiana (in ordine di apparizione Sara Ventroni, Tommaso Ottonieri, il già citato Enzo Mansueto, Rosaria Lo Russo, Gabriele Frasca, Lello Voce) l'ultima sezione del libro ospita i contributi "raccolti strada facendo" di altri ottimi autori quali Franco Arminio, Maria Grazia Calandrone. Azzurra D'Agostino, Eugenio Lucrezi e Luigia Sorrentino. Ma la collaborazione di Loguercio va oltre, coinvolgendo nell'impresa di creare un'opera capace di essere fruita con (quasi) tutti i sensi anche il regista Antonello Matarazzo da cui, come abbiamo accennato, sembra essere partita l'accensione della miccia per questo lavoro, e i musicisti Rocco De Rosa, Maria Pia De Vito più il trombettista Paolo Fresu che lo accompagnano nelle performance canore, sia in quelle inedite sia nelle riprese personali e emotivamente sentite di alcune canzoni appassionate, patrimonio della cultura napoletana e mondiale. In più, altre vibrazioni sono state inserite grazie all'apporto musicale, sempre innestato sui testi, di stralci sonori ripresi dall'opera di Edvar Grieg, Gregorio Allegri, Roberto Paci Dalò e dal gruppo degli Arf Arf. Da notare come la voce degli autori sia stata in più occasioni manipolata, rendendola irriconoscibile, e come spesso parti di uno stesso testo venissero ripresi e spostati in altra situazione, così da creare un effetto di spaesamento nel primo caso e di unità scenica e strutturale nel secondo. Da quanto detto finora, è facile intuire come le tre componenti di Miserere come prodotto artistico unico e trino (la parte testuale, quella sonora e quella visuale, fruibili separatamente senza che l'una vada a detrimento dell'altra, oppure in una sequenza libera, decisa dal lettore) concorrano non solo a ricreare per quanto possibile l'esperienza messa in atto dal vivo, il gesto scenico, il simbolismo della preghiera, e la memoria storica del lavoro (interessante in questo senso, sempre nel dvd, i dieci minuti di intervista a Matarazzo), ma procedano a sviluppare una suasività tutta autonoma verso il lettore, pur restando fili intrecciati in un tessuto dalla trama inestricabile. E' comunque la tensione appassionante che permea tutto il lavoro a vincere sui sensi del lettore, a posizionarlo in un'aura emotiva che al fondo rimanda all'esergo dantesco messo in calce all'opera, guarda caso in quarta di copertina («E 'ntanto per la costa di traverso/ venivan genti innanzi a noi un poco,/ cantando "Miserere" a verso a verso»). A leggere questo passo dal Canto V del Purgatorio, tutto diventa più chiaro. La preghiera, il miserere, non è per chiedere pietà, o non solo. E', volontariamente, una affermazione di stato in luogo e, insieme, un desiderio di fuggire all'immobilità dei tempi come delle menti. Sergio Rotino (LIBERAZIONE/QUEER - 05/08/07) Miserere, dolente carovana sulla via lattea di Loguercio «Piano, fate piano per favore,/ non vi accalcate,/ uno alla volta,/ piano per favore,/ senza fretta, non c’è nessuna fretta». Prega anche così il Miserere di Canio Loguercio, spettacolo video-musicale messo su poco meno di due anni fa, come «preghiera d’amore al netto di indulgenze e per appuntamento», operazione originale in cui il cantautore lucano ha unito, in una sorta di circo felliniano itinerante, una compagnia di tutto rispetto che va dal videoartista Antonello Matarazzo, a vivaci poeti come Gabriele Frasca, Rosaria Lo Russo, Lello Voce, Tommaso Ottonieri, Sara Ventroni, Enzo Mansueto, a musicisti come Paolo Fresu, Maria Pia De Vito, Rocco De Rosa. Oggi quello spettacolo diventa libro più cd e dvd, Il miserere di Canio Lo Guercio (edizioni Squilibri, euro 19). Un libro arricchito da nuovi interventi poetici originali di Franco Arminio, Maria Grazia Calandrone, Azzurra D’Agostino, Eugenio Lucrezi, Luigia Sorrentino. Uno spettacolo work in progress, preghiera della protesta di un mondo smarrito, rabbioso e ironico, dove l’itinerario di un gruppo di disabili sulle loro carrozzelle guidati da Canio Loguercio e al seguito del regista Antonello Matarazzo (che vi gira il suo Miserere cantus, dedicato «a tutti coloro che non possono affermare con assoluta certezza l’esistenza di Dio»), si snoda come una novella «via lattea» di bunueliana memoria. Una carovana che gira tra le macerie dismesse dei capannoni dell’ex Italsider di Bagnoli di Napoli, archeologia industriale che rimanda anche a un mondo in quasi impossibile ricomposizione, per terminare (terminare?) tra le pale eoliche delle montagne dell’interno, nuovi mulini a vento dove proseguono la loro processione laica i disabili in carrozzella. Novelli guitti, che sanno sorridere al momento opportuno, sanno vivere tra di loro e con gli altri, autonomia conquistata a prezzo salato ma lontana da un mondo sano forse irrimediabilmente perduto. Le canzoni di Canio Loguercio, a partire dall’uso di una lingua amatissima come il napoletano, accompagnano, insieme alla voce di Maria Pia De Vito, alla tromba di Paolo Fresu e alle tastiere di Rocco De Rosa, questa bella preghiera sulla sofferenza umana come una moderna processione di misteri e dolori (la storia è scomposta nel video dalle scene della processione dei Battenti di Guardia Sanframondi). E così le canzoni si alternano ai versi dei poeti. Canzoni che hanno i nomi delle preghiere (accettazione, raccoglimento, pentimento) così come le poesie sono canti laici di altrettante preghiere («Questa carne che da sola esala l’ultima parola / e sospira…» recita la voce di Sara Ventroni all’inizio del Miserere). Loguercio, che con Indifferentemente, primo cd da solista (i cd del manifesto) aveva già messo in gioco tutte le sue esperienze passate, con questa ultima operazione, si misura ancor di più con i meccanismi di una originale e amata multimedialità. A quattro mani con una delle espressioni più interessanti dell’ultima generazione di videoartisti, Antonello Matarazzo, che, iniziato il suo cammino di pittore con le rivisitazioni dei Freaks di Tod Browning (lo straordinario film sui «deformi» del 1932), è riapprodato di nuovo al rapporto con uomini e donne più sfortunati. «Spero di aver affrontato un’altra lettura della disabilità -racconta in una intervista nel dvd- decontestualizzata. Il disabile di solito cammina in luoghi in cui gli si consente di camminare». Certo non tra le macerie di una speranza industriale finita. Il libro è dedicato alla memoria di Pasquale Trivigno, musicista e tecnico del suono protagonista di questa operazione, scomparso l’anno scorsoi. Michele Fumagallo (IL MANIFESTO - 07/04/07) Noi corpi. Caravan con Canio Loguercio In principio era la carne, / carne nuda e sola / carne senza verbo e parola. Carne carne carne / Che da sola si rivolta / Che si attuffa sui selciati a più non posso, / che urla, che si lagna. Grida la folla di farla fuori quella carne / che salata riveste il tuo corpo celeste. Questa carne che da sola esala l'ultima parola / e sospira, quando è rossa la sera, / per l'ultima preghiera. Sono parole pronunciate da Sara Ventroni, la prima delle voci che incontriamo in Miserere, la suite musicale che Canio Loguercio, with a little help from his friends Rocco De Rosa, Maria Pia De Vito e Paolo Fresu (e Edvard Grieg, e Gregorio Allegri, e Roberto Paci Dalò, e non so più chi altro), ha amorosamente cucito, come un buon vestito antico, attorno alle parole di preghiera d’amore al netto di indulgenze e per appuntamento. Parole proprie e di un pugno di poeti fra quelli oggi più vivi e scalcianti: da un ipnotico-regressivo Gabriele Frasca a un ronzante-sussurrante Tommaso Ottonieri, dall'ironico-derviscia addetta a fremere Rosaria Lo Russo all'epico-mareggiante Lello Voce. Nel visionario Miserere girato da Antonello Matarazzo, un Canio nerovestito e nerocchialuto (come menagramo pirandello-decurtisiano) maneggia variamente, agita ticchettante e infine depone mite – ramo d'oro o libro di Prospero – la sua cannuccia à la Charlot... Tenue e rigida, insieme: proprio come ci s'immagina una bacchetta magica degna di questo nome. Quest'hilarotragico Canio (Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto! Ridi del duol che t'avvelena il cor!...), becketteggiante anzi che no (Zitto, zitto scava, taglia, pogne, / zuca sanghe, piscia e caca), conduce – ma segue, infine – una teoria di parimenti nerovestiti diversamente abili (oscenamente, oggi, così eufemizzati) assisi sulle loro carrozzelle. Esplorando doloranti gli atri muscosi e stillanti, l'imprevedibile verdeggiare degli stabilimenti di Bagnoli. Tra presse ciclopiche, macine immani e imponenti catene rugginose. Area dismessa, quella dell'Italsider: emblema di un Sud mai redento e per molti – e per sé – irredimibile: a dispetto (e forse in virtù) dei più titanici, dei più prometeici sforzi. Redenzione: ecco, è questa la parola chiave. Come quella ventosa cattedrale di ruggine attende-disattende la sua improbabile-utopica rifunzionalizzazione (per usare un altro monstrum italoburocratico), così ecco noi corpi variamente danneggiati d'imperfetti bipedi sublunari, eccoci a chiedere mercè, a disperatamente vagheggiare la salute, una qualche salute, un'irresistibile salute precaria. (E qualcuno, magari, proprio il corpo celeste della Bestia-Dea, della gnostica A.M.O. alias Anna Maria Ortese.) Ci battiamo il petto, ci fustighiamo per quelle ferite, quei tagli e quegli sbreghi che rechiamo, che ci segnano in profondo, che più non possiamo dissimulare - che oscuramente, insomma, sappiamo bene essere colpa nostra, e di nessun altro: misere, de ccarne... e 'o riesto 'e tutt'a mercanzia, pietà per sti cecenielle, pe sta malatia ca sta facenn' i verme e sfrennesea... ...'O riesto 'e tutt'a mercanzia... La nostalgia dell'umano abita solo qui, in ciò che s'accampa quale resto: fra i prodotti esposti sull'IperScaffale, noi pezzi di carne sul Grande Bancone, avariati bocconcini perfettamente disutili all'universale mercatare al quale pare ridotto l'universo mondo dei rapporti, degli scambi – un tempo ben diversi, ben strani e avventurosi – fra l'uomo e l'altro uomo. Ecco: la forma della carovana – l'andare in fila indiana verso la forma simbolica di quel mulino le cui pale, malgrado tutto, continuano a girare – è un'altra forma simbolica di quelle eloquenti. Uno dietro l'altro, noi imperfetti, in icastica social catena leopardiana. Come girano, frusciando silenziose, le nostre ruote diverse alla volta dei mulini in movimento, così si incastrano una nell'altra le parole dei poeti – una voce a sfumare sull'altra, ad abbracciare l'altra. Una carovana di parole – alle quali si aggiungono altri testi ancora, spontaneamente aggiuntisi, di altre voci, di altri corpi: da Franco Arminio a Maria Grazia Calandrone. È la catena dell'essere-con dei filosofi; o forse, semplicemente, una catena di Sant'Antonio. Le catene, si diceva una volta, sono tutto quello che abbiamo da perdere. Ma arrivati a questo punto a noi, quel poco che ci resta, non pare così poco. Andrea Cortellessa (Introduzione completa del libro/cd/dvd Miserere - ed. Squilibri, Roma 2006) Il Miserere di Antonello Matarazzo Dolore non era il nome del titolare, si riferiva invece ad un'acuta sofferenza mentale, al rimorso profondo, all'angoscia intollerabile e roba simile. Don De Lillo, Players (1977) Uno dei videoclip più inconsueti nell’area dell’arte digitale è certamente il Miserere (cantus), realizzato da Antonello Matarazzo. Questo video è un’efficace sintesi del Miserere dello stesso autore del 2004 e, nel pieno rispetto del video originario, rimane assai lirico, intenso e definitivo.(1) Devo confessare che, guardandolo a distanza di tempo, esso mi appare come la ratifica finale di una ricerca sul patimento, sul dramma e sul dolore, perseguita in maniera assai originale sin dall’inizio della sua elaborazione. Miserere è un grido costante alla liberazione dall’oppressione gemila del male; in quanto narrazione della sofferenza fisica, è una forma affilata di attenzione per quel teatro della vita che non rinuncia a scegliere tra il disagio di quelli che si sentono accompagnati solo dalle voci, dalle ombre e dalle storie dei disagiati. Senza nessuna forma di affettazione letteraria, il video si fonda sulla storia di tre incantevoli figure della “tecnologia del sofferto”, intorno a cui ruotano le vicende di questo tentativo Sinfonico-Visivo. Difatti, la deposizione di realtà è scritta tra le stesse testimonianze che scorrono nella sequenza di immagini, come una processione senza fine. Scavando in esso, siamo stimolati ad allontanarci verso altri riferimenti storici, trasferendoci verso una sorta di rimando impressionistico/espressionistico/fauves: il pittore Georges Rouault, il quale rivolse sempre la sua attenzione ai diseredati, gli oppressi, i sofferenti, le prostitute, i clown, i saltimbanchi o le maschere della Commedia dell’arte; come anche le scritture del suo amico Léon Bloy, o ancora Joris-Karl Huysmans, autore di A Rebours. Matarazzo però ribalta la lezione di Rouault! Senza ostentare alcuna traiettoria espressionistica nel video viene respinto il facile aspetto deduttivo dell’equazione sofferenza-espressività. Rimane il realismo, ma si tratta di un realismo mediale, digitale, visionario, cosciente del fatto che oggi la comicità sarebbe da imputare a chi vuole vedere nell’esasperazione dell’immagine, sempre e comunque, una componente psicotica. Qui la violenza non registra un’attenzione di culto, ma una consapevole ragione analitica che, nell’attenzione scrupolosa che si confonde con la descrizione della realtà, sollecita i segni furenti, le tracce dissociate di qualcosa di indeterminato. Georges Rouault, allievo di G. Moreau, dal 1917 al 1927 elaborò varie serie di stampe, tra cui la più famosa comprende i 58 fogli del Miserere. Il tema era quello del dolore che scaturisce dalla guerra e dalla desolata condizione dell’uomo moderno. Nel Miserere di Rouault, si susseguono personaggi singolari e diversi: il cinese che ha inventato la polvere da sparo, i disturbati mentali, i condannati dalla vita e dalla società, gli avvocati che dovevano difenderli, gli oppressi. Nonostante si è portati a credere che l’espressività di Rouault sia tutta manuale, ricavata dall’artigianalità del pennello e del bulino, molti dei lavori grafici del celebre parigino sono in realtà fogli di grafica ottenuti con processi fotomeccanici e manualmente ripresi. Tale sfumatura tecnica dimostra che gli artisti che hanno trattato i temi del dolore si sono anche occupati del passaggio tra sofferenza e tecnologia. A giusto titolo, quindi, pure l’opera video, la clip metallica che porta in sintesi un procedimento di lavoro più ampio, è un ibrido che risente di tutte le tecniche. Un artista mediale, per forza di cose, si trova di fronte ad una pratica incrociata, perché l’accavallamento e la sovrapposizione delle tecniche è insita nella sua stessa configurazione sociale. Allora, se il Miserere di Rouault è tradizionalmente cristiano-socialista, il Miserere di Matarazzo è post-tecnologico e post-Kantoriano, con un leggero e sottile presagio cyber-archeologico. In effetti, è come se nelle sequenze del Miserere rivedessi gli Ammessi in Scena di Leo De Berardinis e di Perla Peragallo del Teatro di Marigliano. Guardando i personaggi è facile avvertire una leggera evocazione della figura artaudiana di Sebastiano Devastato, di Luigi Finizio, di Nunzio Spiezia, Vincenzo Mazza, etc. che si vedevano in King Lacrime Lear Napulitane (1973), Chiantoè risate e risate è chiante (1974), Rusp Spers (1976), Sudd (1979) In queste rappresentazioni storiche, le distorsioni e i giochi di variazione sulla voce e sulle parole dal dialetto passano all’idioletto (modus operandi globale). Nel Miserere l’esclamazione e il tono penetrante, insidioso, assordante e tragico di Canio Loguercio trasformano la partitura in una sorta di Elegia della disperazione. Inoltre mi ha rinnovato alcune suggestioni vissute grazie al Teatro dei Mutamenti di Antonio Neiwiller. I personaggi che scorrono sulla scena sono dei fotogrammi in movimento, che idealmente sembrano dipartirsi dalle fotografie di Maurizio Buscarino per Tadeusz Kantor. Un tempo tali suggestioni partivano dal fatto che in quel caso l’attore era il portatore della sua stessa forma di vita, che usciva da una quinta per sfidare il nulla dello spettacolo, passando da un sépare all’altro; qui in Miserere, nella scenografia di una Napoli sempre più al limite della catastrofe, i sei personaggi con un “verso a verso” (da un verso all’altro) – nello scenario di una post-fabbrica (l’Italsider), che si riverbera nella ritualità sofferente dei battenti a sangue di Guardia Sanframondi - si proiettano in “uno strano rituale” senza sbocchi. Sulle immagini il canto di Loguercio, ad un tempo elegante e sordido, accorato e rabbioso, riecheggia l’ecclesiastico Miserere nobis, ma parla di “bavuse e pupatelle” e di “guagliune ‘e malasorte” che “‘a culo ‘nfunno chiove sanghe” e invocando l’agnus dei chiede “pietà pe sta malatia ca sta facenn’ i verme e sfrennesea... miserere ‘e sto tiempo ca nce nfete a fantasia e nun ce fa durmì... pietà!”. Napoli tira fuori ancora una volta la sua condizione di disperata imprevedibilità. Senza dover celebrare la classe morta, Miserere risponde allo stile del realismo psicotico, con una cronaca annunciata di drammi silenziosi e sibillini, che scorrono nella galleria di quelle sofferenze che la nostra vita, la nostra esistenza non è in grado di bloccare, o di ridisegnare senza confondersi con svolgente la tensione quotidiana per la fabula. Insomma, qui non si tratta del Melodramma, non risuona il Miserere de Il Trovatore di Verdi, sarebbe troppo bello pensare alla pulizia delle musiche di Gregorio Allegri (composizione corale, 1638), o al Miserere (a quattro voci del 1733) di Antonio Lotti: siamo di fronte ad una sorta di teatro interiorizzato per piccoli schermi. Lo spettatore è invitato a riflettere sull’esistenza di chi quotidianamente è allenato a non avere un’esistenza, a non vivere la vita dei battenti a sangue, poiché per tirare avanti deve battersi su un male che non ha mai commesso e per il quale è costretto a gridare Miserere! Questo stravagante caso di comunicazione video, in cui la lezione teatrale e il laboratorio di animazione sociale (e drammatico) scivola sullo schermo, condensa l’impegno politico in una sorta di poétiquedel’écran. Gabriele Perretta (Introduzione al video nel libro/cd/dvd Miserere - ed. Squilibri, Roma 2006) NOTE 1. Il soggetto è di Matarazzo/Caravacci, tra gli interpreti del film, oltre Canio Loguercio, troviamo Aurora Staffa, Luigi Tufano, Armando de Sanctis, Susy Liguori, Massimo Borriello, Camy Reza e Barbara Matetich. La durata del formato originario, in DV, è di 19’, mentre la versione videoclip (al cui montaggio ha collaborato lo stesso Loguercio) è di circa 8’ (quanto la durata del brano musicale). Entrambe le versioni sono state selezionate a numerosi festival in Italia e all’estero: InVideo a Milano, la 62° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, il XXVII Mediterranean Film Festival of Montpellier in Francia, solo per citarne alcuni. Miserere (cantus) inoltre è vincitore del 1° Premio Nuovi Linguaggi al Festival d’Arte di Palazzo Venezia. Matarazzo, quando il video diventa opera totale Tutto il lavoro di Antonello Matarazzo è dialogo, costruzione e, come più volte sottolineato, contaminazione di forme e stili (in piena linea con le idee guida del Medialismo). Con il suo lavoro più recente, Miserere (2005), Antonello Matarazzo stringe un sodalizio professionale con il musicista Canio Loguercio. Per quanto riguarda il video, al momento esistono due versioni: una di 20 minuti con musiche originali di Canio Loguercio e Fabrizio Castanìa e un videoclip di 8 minuti per il solo brano (Miserere) di Loguercio, ma l'operazione è più articolata e punta a realizzare un vero e proprio lavoro multimediale fatto di immagini, storie, musiche, racconti ancestrali, spaccati rituali, antropologia e poi realizzazione di concerti, dvd, libri... una carovana dove troveranno eco tantissimi volti e nomi della creatività contemporanea (per avvicinare il progetto in generale: www.miserere.info; da leggere anche l'intervista a Matarazzo e Loguercio su www.shortvillage.com). [...] leggi tutto Alfonso Amendola (L'UNITA' - 06/02/05) Premi / Art Doc Fest, tutti i vincitori: Si è conclusa il 5 giugno a Palazzo Venezia la II° edizione dell'Art Doc Fest, manifestazione presieduta da Carlo Fuscagni. [...] All'Italia è andato il 1° premio Nuovi Linguaggi con Miserere (cantus) di Antonello Matarazzo per "una intelligente contaminazione tra i linguaggi della musica, dell'architettura e del teatro in un filmato intenso e scioccante ambientato in un paesaggio sospeso" [...] (Cinecittà News 06/06/2005) Pesaro Nuovo Cinema 2005: 41° edizione. Attenti al cinema [...] Tornano firme note come quella di Antonello Matarazzo che con Miserere filma su sfondi non più terrestri una processione di disabili, trasmettendo allo spettatore la potenza del verso dantesco ("...per la costa di traverso / venivan genti innanzi a noi...") la pietas del "canto d'amore" (composto da Canio Loguercio) e la dimensione dello spazio profondo che li ha generati. Adelina Preziosi (SEGNOCINEMA - ANNO XXV N. 135, sett/ott 2005) Montpellier 2005: La section "Expérimental" Constanza Aqualung WimbledonCette année 20 films ont été retenus sur les 127 reçus pour la section "expérimental". Vingt films qui permettent à la fois une exploration des talents dans la géographie méditerranéenne et une incursion dans les "nouveaux territoires" plastiques, visuels et sonores défrichés par les artistes. A ce titre il faut souligner la présence d'oeuvres "longues", dont "Insomniac City" et Miserere qui se situent bien au-delà des exercices formels pour atteindre, par leur ambition picturale, "narrative" et symphonique, une force impressionnante. Montpellier 2005: The 'Experimental' section This year 20 films have been retained among 127 received for the "experimental" section. Twenty films which will allow us both to explore talents from the Mediterranean and to make an incursion into "new fields": plastic, visual and sound for which the artists cleared the way. To that effect we must highlight the presence of "long" works such as "Insomniac City" and Miserere way above regular formal exercices and which reach, by their pictural, "narrative" and symphonic ambition, an impressive strength. (Comunicato Stampa 14/10/05 – CASA AMADIS Association Culturelle de Langue Portugaise de Montpellier) Loguercio il pellegrino [...] Il video Miserere, proiettato nel corso dello spettacolo, è bellissimo, come il brano omonimo che lo accompagna, girato tra l'ex Italsider di Bagnoli e nella zona delle pale eoliche irpine, vicine al confine con la Lucania, che è la terra di Loguercio. Lo scenario è quello di una terra apocalittica, che fa da sfondo a una carovana delirante di straccioni, un canto misericordioso in cerca di perdono. Il clip, girato da Antonello Matarazzo su musiche di Loguercio e Rocco e Rosa, si è aggiudicato il primo premio "Nuovi Linguaggi" al Festival d'arte di Palazzo Venezia a Roma, ed è davvero straordinario. [...] Gianluca Veltri (QUOTIDIANO DELLA CALABRIA - 16/01/06 [...] Con il suo lavoro più recente, Miserere (2005), Antonello Matarazzo stringe una collaborazione professionale con il musicista Canio Loguercio, che, oltre ad essere autore delle musiche, partecipa anche come attore. Il video, lirico e intenso, si svolge nello scenario di precarietà e abbandono dell'ex Italsider di Bagnoli e tra le pale eoliche di Lacedonia, in Irpinia, che rappresentano quella perpetua ciclicità del nostro vivere quotidiano,che solo apparentemente avanza in una direzione, ma che in realtà si ripete ossessivamente nel suo scorrere a vuoto verso il nulla. Ed è proprio questa dimensione dell'inutile che si ripete all'infinito ad essere mostruosa, tanto da spingere gli uomini alla penitenza e alla mortificazione dei propri corpi con la speranza di una redenzione verso un mondo migliore ultraterreno. Non a caso vengono proposte le immagini dei famosi riti dei battenti di Guardia Sanframondi, cui fanno da contraltare le immagini dei protagonisti, tre disabili costretti sulla sedia a rotelle, che imitano i gesti dei battenti come se la loro condizione non fosse già un'espiazione di una colpa che ha sottratto loro la felicità. Più che il dolore e la sofferenza, il video evoca quella sensazione di vuoto e di distruzione che il dolore provoca. C'è tuttavia uno spiraglio positivo, allorquando un uomo cieco guida la carovana di disabili verso zone di bellezza naturale che corrispondono alla salvezza, all'uscita dal tunnel del mostruoso. Il tema della redenzione si palesa nella scrittura che apre il film, che consiste in un'epigrafe tratta dal V Canto del Purgatorio di Dante: "E 'ntanto per la costa di traverso/ venivan genti innanzi a noi un poco,/ cantando 'Miserere' A verso a verso...". La mostruosità della condizione dei protagonisti corrisponde a quella dell'umanità nella sua interezza, ma non ai loro volti, che appaiono ricchi di espressività e di dolore sublimato in speranza. Anche in questo caso non ci troviamo di fronte ad una struttura narrativa (che spesso può sfociare nella banalizzazione), ma bensì ad una composizione lirica dove la forza delle immagini sostenuta dal ritmo incalzante della musica, suggerisce un'alterativa alla classica rappresentazione cinematografica. Il punto forte dell'esperimento del Matarazzo, è che in questa visione del tutto poetica non si smarrisce il realismo, che invece è presente in maniera radicale: i protagonisti sono persone realmente affette da handicap, e nel finale del film l'artista non si sottrae a riportare per iscritto le storie drammatiche di ognuno. Gaia De Angelis (da una tesi di laurea in Scienze della Comunicazione, febbraio 2006) Il morphing dell'anima [...] il morphing non è solo un procedimento tecnico, è anche la materializzazione visiva di una metonimia: nel finale di Miserere, ad esempio, la trasformazione dell’uomo in una bambina che ride è un ritorno alla purezza primigenia. [...] Lo sfondo principale in cui è ambientato Miserere è il paesaggio di archeologia industriale di Bagnoli, il porto con le enormi gru, le colline di Lacedonia dominate dalle moderne e asettiche silhouette delle pale eoliche. I personaggi che si aggirano in questo spazio tanto “vissuto” e consunto – dove il tempo insieme alla salsedine si è raggrumato, incrostato –, quanto irreale e lunare, sono uomini e donne in sedia a rotelle, che si muovono inquieti ma non rassegnati. Intorno a loro non c’è solo un senso di desolazione, quanto un’indefinita atmosfera di sospensione e di attesa, per qualcosa che non accadrà. Intorno c’è il mare, il vento, la terra, il fuoco (interiore), il sangue, la sofferenza, ma anche il piscio, la fame, la saliva, la schifezza evocata nelle parole di una lenta ballata, dalla musica, dal ritmo su cui è costruito tutto il video. Miserere è un’apologia della disperazione muta (nessuno di questi personaggi parla) e al tempo stesso gridata attraverso un canto antico, ancestrale. Le didascalie finali che ci raccontano le storie di questi personaggi, ne certificano la loro autenticità di persone, distinguendole dagli attori, e quindi aggiungono – insieme alla processione del Venerdì Santo di Guardia Sanframondi, ripresa in un bianco e nero sgranato – un valore “documentario” al video, in cui la sofferenza reale è trasfigurata con una capacità visionaria e al tempo stesso asciutta, calibrata, che ne fa uno dei lavori più intensi ed efficaci di tutta l’estetica matarazziana. [...] leggi tutto Bruno Di Marino (dal catalogo 42a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, ed. Fondazione Pesaro Nuovo Cinema Onlus, Roma 2006) Passeggiate nel cinema [...] Apocalittico e smisurato invece solo lo scenario che fa da sfondo, con le gru nere del porto che emergono dalla nebbia e la scansione artificiale delle pale eoliche, ai mastodontici reperti corrosi dalla salsedine dell'ex area industriale di Bagnoli poteva contenere tutta la sofferenza, e insieme la ieraticità sacrale, degli invalidi che lo attraversano al canto del Miserere. L'imperfezione è cosa divina: Dio stesso si manifesta, disturbando con misteriose scariche la visione dei disabili che, con cadenza ritmata in crescendo, si battono il petto (A Sua Immagine, 2005). "[Nel corpo] ... è possibile rintracciare la chiave di lettura dell'incorporeità": a sostegno di questa affermazione di Matarazzo non posso non citare lo stesso regista che fa l'amore con una scarpa da ginnastica (Lovers, spot per Converse, 2004) [...] leggi tutto Adelina Preziosi (SEGNOCINEMA - anno XXVI, N° 141, sett/ott 2006) Oltre il dolore oltre la pena [...] IV.1. Introduzione Concludo la mia breve indagine sul rapporto tra cinema e handicap con l’analisi di Miserere, opera del pittore e videomaker Antonello Matarazzo. Del lavoro esistono due versioni: da quella più lunga, di circa venti minuti, realizzata nel 2004, è stato successivamente tratto il videoclip Miserere (Cantus), di soli otto minuti che, presentato nel 2005 all’Art Doc Fest di Palazzo Venezia a Roma, ha vinto il primo premio nella sezione “Nuovi Linguaggi”. [...] leggi tutto Sara Panattoni (Tesi di laurea specialistica in 'Cinema, teatro, produzione multimediale', Università di Pisa, settembre 2006) << |